venerdì 14 agosto 2009

Il Grico ed il Neogreco

Dopo l'entrata in vigore della legge che impone alle minoranze linguistiche d'Italia l'obbligo (a richiesta degli utenti) della redazione degli atti pubblici nella lingua minoritaria, l'Unione dei Comuni della Grecìa Salentina ha provveduto alla nomina di nove traduttori-interpreti cui è demandato l'arduo compito di trasferire (ove richiesti) verbali di sedute di Consigli Comunali, di riunioni degli organi direttivi dell'Unione dei comuni grecofoni e qualunque altro pubblico documento nella lingua minoritaria. Non vorrei essere nei panni di coloro che hanno accettato l'arduo compito. Devo rilevare, per inciso, che il manifesto con cui è stato bandito il concorso per l'assunzione dei traduttori era stato redatto solo in burocratese italiano. Mi rendo perfettamente conto che nessuno al mondo sarebbe stato in grado di creare un testo, anche elementare, in burocratese grico. Mi è stato spesso chiesto l'equivalente grico di termini di uso assai comune, ma non sono stato in grado di esaudire tale richiesta perché il dialetto grico tagliato circa mille anni fa dalla sua lingua di riferimento, decapitato dei suoi intellettuali, cioè dei sacerdoti di rito greco, circa quattro secoli fa, non dispone di un lessico aggiornato alle esigenze del mondo contemporaneo. Il greco di Calabria e quello di Puglia riescono a mettere insieme solo seimila vocaboli che riflettono le esigenze di comunicazione di popolazioni quasi esclusivamente contadine e non possono soddisfare in alcun modo le necessità di chi vive nella società moderna in cui i figli e i nipoti dei contadini grecofoni sono diventati medici, avvocati, pubblici funzionari, ecc. Ciò non vale solamente per il grico, ma per tutti i dialetti, anche per quelli di matrice neolatina. Mi sovviene a questo proposito quanto scriveva il Manzoni circa due secoli fa ne "I promessi sposi" citando il nome del forno devastato dai milanesi affamati " Al prestin de' scansc", cioè "Il forno delle grucce" e l'equivalente latino "pistrinum" del nome "forno". Alcuni giorni fa il titolare della panetteria da cui mi servo, desiderando riportare nell'insegna del suo negozio l'equivalente grico di "panetteria", ha dovuto constatare che in grico abbiamo soltanto il termine "furno", cioè il luogo dove si confeziona il pane, mentre manca l'esatto corrispondente di "panetteria", cioè il luogo dove esso si vende. Ho dovuto suggerirgli il termine neogreco "artopoleivo" che significa letteralmente "vendita di pane", ma non sarebbe compreso dai nostri grecofoni residui. In verità anche i Greci hanno il sostantivo "fouvrno"" come prestito italiano, ma attingendo al lessico del greco antico hanno creato, per le insegne dei negozi dove si vende, il neologismo "artopoieivo" che significa "luogo dove si fa il pane". Analogamente non esiste in grico il verbo "augurare" e neppure il sostantivo "auguri", ma il loro equivalente neogreco non sarebbe compreso nella Grec™a Salentina. Potrei citare molti altri esempi analoghi che possono testimoniare che i dialetti, in generale, tendono a scomparire perché non riescono a soddisfare col loro ridotto patrimonio lessicale le vastissime esigenze di comunicazione delle società moderne. Il neogreco, dispone di circa 170.000 vocaboli. Un terzo circa di questi vocaboli sono di origine greca antica, sono presenti nella lingua italiana e in molte lingue europee ed appartengono alla terminologia scientifica dei vari settori del sapere. Ne fanno parte anche i vocaboli grichi. Inoltre, coloro che insegnano il grico non possono prescindere dalla conoscenza del greco antico e/o moderno, se non vogliono incorrere in madornali strafalcioni ortografici. La morfologia e la sintassi del grico sono per il 90% uguali a quelle del neogreco. Anche le strutture morfologiche e sintattiche del dialetto romanzo parlato nella Grec™a Salentina sono analoghe a quelle del neogreco perché ne rappresentano la traduzione letterale dal grico. Chi conosce il grico e/o il dialetto romanzo e vuole apprendere il neogreco, si trova nella stessa fortunata condizione del giocatore di scopa che parte con quattro punti di vantaggio sul suo avversario. Quanto ho molto sinteticamente esposto potrebbe essere suffragato da ampia documentazione di esempi tratti da raffronti grammaticali e lessicali. Non a caso i militari italiani, anche quelli analfabeti, originari della Grec™a Salentina, mandati in Grecia come truppe di occupazione, dopo un paio di mesi riuscivano a comprendere e ad esprimersi in greco moderno, molto meglio dei loro ufficiali italiani che avevano seguito studi classici. Nell'Europa multilingue che si sta faticosamente edificando e che richiederà ai nostri figli e nipoti la conoscenza di più lingue, noi grecofoni siamo tra i cittadini italiani quelli più favoriti nell'apprendimento del neogreco. Proprio per queste lungamente meditate considerazioni i cultori del grico hanno chiesto ed ottenuto dal Governo della Grecia la presenza e l'aiuto nelle nostre scuole di insegnanti greci. Purtroppo non tutti hanno compreso, anche per difetto di informazione, quanto sia importante per noi grichi, salentini e pugliesi la conoscenza del neogreco. Molti gricofoni, o aspiranti tali, non si rendono conto che il grico, da solo, conduce all'isolamento; che le giovani madri di oggi, a differenza delle loro nonne, non hanno come unica lingua il grico. Le giovani insegnanti di grico, che hanno frequentato un corso di pochi mesi, anche se lo capiscono, non lo parlano abitualmente e nella maggior parte dei casi non ne conoscono la grammatica. Non a caso nelle scuole della Val d'Aosta si insegna il francese e non il dialetto gallo-provenzale, nella Venezia Giulia lo sloveno, nell'Alto Adige il tedesco e non il dialetto tirolese delle singole valli. Perfino nel Trentino italofono è obbligatorio l'insegnamento del tedesco come prima lingua "straniera". Per questi motivi, circa trent'anni fa, quando ebbe inizio la lotta per il riconoscimento delle minoranze linguistiche d'Italia, i cultori del grico considerarono utile e necessario l'insegnamento del grico nella scuola materna e nel biennio iniziale della scuola elementare con la didattica propria di quell'età, l'approccio al neogreco nel triennio successivo e l'insegnamento della lingua e della grammatica neogreca nella scuola media e negli istituti superiori.

Salvatore Sicuro


I 6'000 lemmi che ci sono pervenuti dal greco del secolo XVII, sembra che sono bastati perché noi capissimo quello che Salvatore Sicuro ci voleva dire. Le «lingue standard» come il neogreco e l'italiano, vollero un grande impegno per diventare quel che oggi sono. Ci fu gente che si occupò, che le scrisse, che lavorò e che giocò con queste lingue, e che le arricchì di neologismi e di nuova linfa, perché potessero vivere e cambiare insieme al mondo. Noi cerchiamo di fare questo lavoro per il grico con i Spitta. Dall'altro canto, ci fu sempre gente che andava „con la lingua tra i denti“, cioè che parlava in neogreco ed in italiano. Può essere che sia questo il più grande problema che ha il grico oggi. Sono troppi quelli che non vogliono più parlarlo.

Il prof. Sicuro ha ragione quando dice che i bambini a scuola devono imparare il neogreco. Ma è il greco otrantino e non il neogreco il legame che ha il Salento con la Grecia. Se si perde il nostro grico, nel Salento si perde l'ellenofonia. Per questo dobbiamo fare attenzione a mantenere vivo il grico – se il neogreco ci deve servire a qualcosa.

-La redazione di Spitta-

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