venerdì 10 aprile 2009

Quaresima - Sarakostì

di Giuseppe De Pascalis e Iannis Papageorgiadis

Quaremma, personaggio simbolo del passaggio da un periodo di allegria, qual’è il Carnevale, ad un periodo di privazioni e preparazione alla Pasqua qual’è appunto la Quaresima. Si tratta di un fantoccio di paglia, appeso fuori dalle case, che personifica una “vecchia” che indossa un abito scuro, un fazzoletto in testa e, in mano, un fuso e una conocchia. Elemento caratterizzante la Quaremma è, inoltre, un’arancia in cui sono infilzate, a raggiera, sette penne di gallina, una per ogni settimana della Quaresima. Alla fine di ogni settimana si toglie la penna corrispondente ed il giorno di Pasqua la Quaremma viene bruciata a simboleggiare la liberazione dalle privazioni e dalla sofferenza.

Sarakostì viene dal greco Tessarakostì o semplicemente Sarakostì, nome dato al periodo di digiuno (astinenza e penitenza) di quaranta giorni prima di Pasqua istituito al quarto secolo d.C.
Per gli ortodossi la Sarakostì va dal « Lunedì pulito » al venerdì prima della domenica delle palme. Per i cattolici invece inizia il martedì grasso e va fino al sabato di Lazzaro, vigilia della domenica delle palme.
Col passare del tempo si sono aggiunti o sottratti altri giorni per arrivare in fine a definire un periodo di sette settimane prima di Pasqua, l'ultima delle quali è la settimana santa.

Tempo fa, quando non esistevano ancora i calendari di oggi, per sapere quanto tempo rimaneva fino alla fine del digiuno, in molti paesi della Grecia, si costruiva un “calendario”, chiamato “kirà sarakostì”, signora Sarakostì. Si trattava, di solito, di un disegno su un foglio di carta che rappresentava una suora senza bocca perché digiunava, con le braccia incrociate perché pregava e con sette piedi perché erano sette le settimane di digiuno. Ogni sabato le tagliavano un piede. Il sabato santo tagliavano l'ultimo piede e lo nascondevano in un fico secco. Questo fico lo mescolavano con altri fichi e colui a chi capitava il fico “farcito” era il più fortunato.

Nel Salento invece, la Sarakoctì (Quaremma o Quaresima o Quaresma, dal francese carême) era rappresentata da un fantoccio di paglia, appeso fuori dalle case, che personificava una “vecchia” in abito scuro, un fazzoletto in testa e, in una mano portava un fuso e una conocchia e nell'altra un'arancia su cui venivano infilate sette penne di gallina, una per ogni settimana della Quaresima. Alla fine di ogni settimana si toglieva una penna e il giorno di Pasqua la Quaremma veniva appesa ad un filo su un palo e veniva bruciata.

In altri paesi della Grecia la figura della Sarakostì era fatta con un impasto di farina acqua e sale o con della stoffa che riempita diventata un pupazzo. Vale però la pena notare che nei paesi greci del Ponto, sul Mar Nero, la Sarakostì era rappresentata da una patata o da una cipolla che si appendeva al soffitto sulla quale si infilzavano sette penne di gallina come sull'arancia della Sarakostì salentina. Anche qua si toglieva una penna ogni settimanae così contavano quanto rimaneva fin'alla resurrezione. Questo “calendario” si chiamava “kukurà”.

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