venerdì 10 aprile 2009

LA VITA DI UNA VOLTA

di Leonardo Antonio Giannuzzi

oggi per poter mangiare bisogna andare al supermercato per comprare a suon di quattrini
tutte le cose che si producevano in casa una volta: olio, il pane, il formaggio, la salsa,
la ricotta, il caffè di orzo, il caffè americano e tante altre cose che prima si producevano
in casa, in campagna e nella masseria. Si produceva il lino, cotone e dalle pecore si prendeva la lana. Le donne sul telaio tessevano le robe che servivano in casa e in campagna.
In campagna c'era un trullo, una tettoia dove ci stavano il cavallo i buoi, la giumenta,
diverse galline, due o tre galli e un maialetto che stava dietro il cortile sotto
un'ombreggiata di stoppie.
Nel trullo, che era come una stanza, dormiva
telai di ferro (tristiegdhi) alcune tavole di legno ed un saccone pieno d paglia di grano.
Sotto il letto dormivano i bambini; i più grandi dormivano nel pagliaio.
Tutta la famiglia di quel tempo stava tutta l'estate in campagna: si faceva la biada per
i cavalli, foraggio per i buoi e granaie per tutti. La mucca dava il latte che insieme
a quello di pecora serviva per fare la ricotta che con il siero e una ricottina insieme
al pane duro rimasto dalla sera,serviva per fare colazione.
Dopo si faceva il formaggio che si metteva sottosale per stagionare.
La madre si alzava un'ora prima degli altri e faceva cuocere il pane rimasto dalla sera
prima insieme a piselli, cipolle, peperoncino piccante, olio, verdure.
Il tutto si friggeva in una pentola. Dopo la cottura si svuotava in una taeddha grande con due presine dove tutti mangiavano: i grandi bevevano un bicchiere di vino, i ragazzi un bicchiere di acqua di cisterna. Poi ognuno andava al suo lavoro: i piccoli portavano le pecore al pascolo, il ragazzo più
grande puliva la stalla dando da mangiare la canigliata agli animali, raccoglieva le uova
e anche la legna. Il più grande prendeva il cavallo, gli metteva la sacchetta piena di
biada e di carrube ed andava ad arare la terra dove si doveva piantare ortaggi, cocomeri,
pomodori per la salsa, verdure e quanto serviva per la casa. Quando era mezzodì, tutti rientravano nel trullo per mangiare e fare la pennichella fino all'affievolire della calura. Al pomeriggio si raccoglieva il fieno nella pagliera, la legna che serviva a fare il pane: per fare il pane si raccoglievano le spighe che cadevano a terra quando si mieteva l'orzo.
Le donne con le figlie prendevano le sacchette, le riempivano di spighe, le portavano
a seccare sopra l'aia e quando il sole le seccava dopo due giorni, le sgretolavano
con un grosso bastone (manuleddha) e con un setaccio (zingarieddhu) si toglieva la
polvere, si riempiva il sacco e si portava al mulino.
Una volta macinato si faceva una "sottile": nel caso il tuo pane non bastasse per
un'infornata, si aggiungeva il pane di altre persone per completare l'infornata.
Dalla "sottile" uscivano circa 15 pezzi di pane tra pucce e friselle.
Frisella: pane biscottato che dopo averlo sfornato alla prima cottura, veniva tagliato
con un filo e poi infornato di nuovo.
Tra le pucce, si facevano anche le "olivate" che la madre distribuiva al vicinato,
ai fratelli, ai cugini, alle comari e spesso anche alle famiglie meno abienti dove
c'era fame chiedendo in cambio una preghiera per i defunti.
Per ogni famiglia una puccia e una olivata.
Con questa fare che la donna aveva, il pane in casa era sempre caldo perchè un giorno
lo faceva la comare Lucia, un giorno lo faceva la comare 'nntonia poi la comare Teresa,
poi lu cumpare Giuvanni e si andava avanti così: un continuo scambio.
Con le pucce, le olivate, le cuie, le schiacciatelle, le sceblasti, i pittarai
( tipo di focaccia).
Con il tutto si consumava un bicchiere di vino di Carpignano che era una festa.
A Carpignano il vino si faceva buono perchè c'erano molte vigne dove i martanesi andavano a zappare a giornata.
La sera quando la gente finiva di mangiare e di bere il vino affatticati e stanchi per il
lavoro svolto chi nei campi, chi alla mietitura, chi tra le vigne uscivano tutti
sul limitare della porta di casa.
Si raggruppavano per parlare degli avvenimenti della giornata e nel frattempo i ragazzini
giocavano a nascondino e le signorine si facevano notare dai giovanotti e le madri
filavano con la conocchia la lana delle pecore.
quando si faceva tardi il più anziano del gruppo richiamava tutti dicendo:" adesso andiamo
a dormire che domani ci attende una grande giornata. Buona notte a tutti, buon sonno e statevi bene".

Scusatemi se vi ho stancato. Io sono Leonardo Antonio Giannuzzi da Martano

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