domenica 13 luglio 2008

GRIKO, SCUOLA ED AMORE

GRIKO, SCUOLA ED AMORE
Il 24 di Aprile si è tenuta a Martano la prima Assemblea dell’Associazione GRIKA MILUME.
Il Presidente e i Soci, anche venuti da lontano, per la prima volta si sono riuniti tutti insieme per discutere delle attività sinora svolte e di quelle ancora da svolgersi.
Tutti hanno espresso la loro opinione.
Abbiamo discusso della SPITTA: cosa scrivere, come scrivere, perché o per chi scrivere; a cosa serve oggi scrivere in grico.
Abbiamo discusso delle iniziative che l’Associazione Grika Milùme ha realizzato e delle altre che vorremmo realizzare, con l’aiuto di tutti, perché la lingua grika e le nostre radici non si perdano.
Abbiamo discusso di lingua Grika: chi ancora oggi la parla; cosa si può fare perché la lingua non si perda e per incentivare l’uso; se la Spitta è utile per salvaguardare la lingua.
Partecipavano persone esperte di griko che hanno esposto osservazioni che ci hanno fatto discutere.
Io prendo spunto da ciò che si è detto per scrivere ciò che penso sulla lingua e la scuola.
Dal 1999 c’è una legge sulle minoranze linguistiche. Questa legge, per la prima volta, disciplina le iniziative che sono consentite per salvaguardare le lingue.
Le scuole rivestono grande importanza, dalle Materne fino all’Università.
Nelle scuole è consentito l’uso del griko; nelle scuole si può insegnare il griko agli alunni nelle ore curriculari; per gli adulti (compresi i docenti di griko) si possono fare corsi pomeridiani; l’università può istituire una Laurea in Lingua e Cultura Grika.
Le scuole, avvalendosi dell’autonomia, possono istituire nuove materie, possono inserire progetti nel POF, cosicchè ogni scuola può scegliere nuove cose da insegnare agli alunni, che non si possono trattare nelle ore curriculari o che non si fa in tempo a trattare.
Invece l’Università di Lecce ha tolto il corso in Lingua Neogreca, istituita proprio per la presenza dell’area ellenofona, ed è dubbio ora se potrà essere ripristinata.
Per gli adulti le scuole non organizzano nulla; eppure molte persone vorrebbero imparare, o semplicemente parlare, il grico.
Agli alunni nelle suole si insegna il griko, ma è molto poco.
Fanno ogni anno un’ora alla settimana, per circa dieci, quindici, settimane.
Imparano vocaboli, nomi e numeri, qualche poesia e qualche canto.
Ma sul più bello, mentre stanno imparando qualcosa, il corso finisce e ciò che hanno imparato lo dimenticano.
Nelle scuole servono più ore di griko!
Ma non è solo questo.
Gli alunni a scuola devono ascoltare come si parla in griko, devono ascoltare gli adulti che parlano griko.
E chi sono oggi le persone che parlano griko?
Sono i nonni di quegli alunni che oggi frequentano la scuola.
I nonni che parlano il griko devono stare in classe con l’insegnante di griko e parlare in griko: così i bambini acquistano la consapevolezza che la lingua ancora vive, e vive proprio sulla bocca dei loro nonni, che loro ritrovano una volta tornati a casa.
I nonni devono insegnare ai loro nipoti il griko, a scuola con l’insegnante di griko, e a casa parlando con loro il griko come lo parlano quando stanno da soli marito e moglie.
Solo così forse nascerà nel cuore dei bambini l’amore per la lingua grika.
Ma non basta neppure questo.
Gli alunni devono imparare l’alfabeto greco.
Per ogni termine griko l’insegnante deve scrivere come si dice quella parola nel greco moderno e nel greco antico, scriverla con l’alfabeto greco ma leggerla secondo la fonetica del greco moderno.
Tutto ciò in ogni liceo classico si può fare, e bene.
Solo così ciascuno potrà rendersi conto che la lingua grika somiglia molto al greco oggi parlato in Grecia, ma che è molto più antica. Tanto antica che conserva parole che il greco moderno ha perduto (appìdi, pèrsiko, frèa, ampàri, ecc.) ma che si trovano nel greco antico. Come pure che ha la stessa sintassi e morfologia del greco antico.
Ma nel griko si trovano anche termini arcaici: solo nel griko diciamo umme e degghie;
nel greco moderno e nel greco antico per dire si dicono ναι;
per dire no dicono :όχι nel greco moderno; nel greco antico ου, ουχ, ουχί.
umme deriva da ουν μεν che significa: certamente;
degghie deriva da ουδέν γε che significa: per niente..
Un’ultima cosa.
Il dialetto italiano che parliamo noi nei nostri paesi e nel Salento è la traduzione dal griko.
voju cu mangiu = telo na fao
tocca cu vau = nghizi na pao
non pozzu venire = e' sozo erti
fallu cu venga = kàmeto n'arti
dilli cu non venga = pestu na min erti
ieri fici (makà aggiu fattu) quistu = ette' èkama tuo
quistu quai = tuonne'
Rohlfs ha trattato queste tematiche.

Io penso che nelle scuole agli alunni bisogna insegnare tutto ciò, ed altro.
Serve tempo, serve personale, servono finanziamenti.
Ma tutto si può trovare (anche i finanziamenti!) se vogliamo aiutare la nostra lingua a non scomparire.
Ma serve amore.
Il griko ha bisogno di amore.

GIOVANNI FAZZI

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