sabato 27 dicembre 2008

La festa del 14 agosto a Calimera.

Come facemmo lo scorso anno e come, se Dio vorrà, faremo l’anno che venturo,anche quest’anno l’associazione “GRIKA MILUME” insieme alla”Casa Museo della lingua grica e delle tradizioni popolati” ed il gruppo canoro “Malalingua” abbiamo creato una festa per parlare grico, così coloro che sono intervenuti hanno potuto ascoltare canti e poesie in griko e le parole degli antichi.

La sera del 14 di agosto, la luna dondolava in un “biun-mbò” appesa ad una stella che la corteggiava.
Il giorno c’è stato tanto caldo che tutti ci siamo arrostiti. E la luna nel fresco biancore dall’alto ci osservava sorridendoci.
Sul largo “Immacolata”, vicino alla cappella, s’era raccolta un poco di gente,ma la cappelletta non era aperta.
Lì’di fronte, un’antica lapide racconta che in quel posto una volta sorgeva una cappelletta bizantina,dove celebravano la messa in lingua grica. Nessuno mai dei calimeresi si avvicina per leggere.
Cosa è accaduto quella sera quando tanta gente s’era riunita dove la cappella bizantina non c’è più?

Kostas degli Encardia ha intonato un canto bizantino. Cantava da solo e nessuno comprendeva le sue parole.
Conversava con i padri e per gli antichi,forse, lui cantava. O forse,che cantando pregava la Madonna di “finibus terrae” che la nostra gente ha voluto dimenticare!
Un elleno pregava in greco una Madonna grika? Da dietro quella lapide la Madre ascoltò,dopo più di settant’anni, un suo figlio che pregava.
“Nilin” recitava il componimento di
Non v’era altra illuminazione che qualche cero che aveva messo a terra qualche organizzatore, ma poi,v’era la luce della luna che splendeva sui tetti e negli occhi delle giovanette.

Pippi Lefons, tanti anni addietro!

“Ndilin, ndilì, ndilì, ho gridato io sul sagrato della cappella dell’Immacolata,di fronte al palazzo che fu du don Pippi Cappa. Gridai un poco più forte, … ed ho atteso. Ho teso l’orecchio per sentire se
don Pippi stesse continuando a recitare insieme a me la sua poesia.
“Ndilìn, ndilìn, ndilìn!” A dire il vero a me sembrò che anche lui, con la sua sottile voce, dicesse con me:”Ndilin!”.
Ah! La sua poesia!
“Ndilìn , ndilìn” suonava la campanella dell’asilo infantile per chiamare a sé i bimbi di un tempo, alle otto di ogni mattino.
E Pippi desiderava tornar piccolino e, come allora, andare all’asilo. Ma don Pippi Cappa sapeva che non era più quella la campana che lo avrebbe chiamato a sé!
Don Pippi è parecchio che è morto,ma a me è sembrato che ci abbia visti, vicino alla sua casa ad ascoltare quel suo “ndilìn, ndilìn”.
Lo ha sentito anche suo figlio, il dottor Bruno ed anche suo nipote Carmelo.
Io ho sentito che don Pippi è uscito da casa e come tutti noi, ha camminato un po’, fino alla casa di
Giannino Aprile, dove Giovanni Fazzi ha recitato un canto scritto da quel compianto sindaco..
Ed i suoi figli, Paolo ed Andrea, insieme alla madre, la moglie di Giannino, riascoltarono uniti le parole del padre.


Silvano Palamà ha letto una lettera del 1956, dalla quale Giannino raccomandava ai “compagni”
Prodigarsi per il bene della gente di Calimera.
Ed a sua moglie si bagnarono gli occhi nel sentire quella lettera,dopo quarant’anni, quando il marito all’improvviso, morì…

Così, don Pippi e Giannino (che era suo cugino) hanno fatto festa con noi ed hanno riso e scherzato con la gente di oggi.


Nel 1975, qui a Calimera, venne a trovarci Pier Paolo Pasolini, per ascoltare le nostre poesie: amava i componimenti poetici popolari dell’Italia intera; ha scritto anche un libro che li contiene.
Morì solo dopo due mesi e Francesca Licci ,la sera del 14 agosto 2008, ha cantato per lui una poesia dello stesso Pasolini, sotto il palazzo Murrone, dove lui era venuto ad ascoltarci.

Lui, così grande poeta, è venuto a sentirci parlare una lingua della quale noi, tante volte, non valutiamo il suo valore.
Così erano tre, quella sera a Calimera: don Pippi, Giannino e Pasolini.
Gli altri che vennero a trovarci non li abbiamo riconosciuti dalla statura o dal loro volto, ma Salvatore Tommasi ci ha detto una poesia di Vito Domenico Palumbo, morto 90 anni fa.
Ci ha raccontato del caldo che , tante volte questa scorsa estate ci ha fatto tanto sudare tanto da non potersi dire.
Credo che don Vito Muntagna ( il Palumbo) si sia molto rallegrato nel constatare che ancora oggi noi sappiamo parlare il grico, dopo tanti anni. La lingua dei padri è dura a morire!

E il Palumbo cosa ha fatto tra l’altro? Ha scritto in grico un po’ del poema di Dante Alighieri.
Ha scritto dell’amore di Paolo e Francesca.
E Maria Renna insieme al marito che traduceva, ce lo ha recitato, in un cortile antichissimo, dietro la chiesa madre.
Dopo, presso il sagrato della chiesa Renato ha recitato la preghiera del “Pater noster” ,sempre del Palumbo.
Abbiamo poi cambiato strada ed anche canzoni.

In via Costantini intonò il suo canto, Luigi Garrisi e la sua ragazza.
Anche il gruppo degli Encardìa suonarono con le loro chitarre, violini e fisarmonica!

Anche i trapassati di quella via si svegliarono a cantare con noi! E in mezzo alla festa Francesca intonò delle antiche ninne nanne ed io in italiano ho letto la poesia di Palumbo che ricorda sua madre, quando andava a raccogliere i fiori di gelsomino che componeva in corona vicino alla statuetta della Madonna, prima di pregare per suoi figlio lontano.

Alla fine abbiamo cenato tutti insieme: io, Silvano,Francesca, Giovanni , Dina , Colaci… e tutta la gente che aveva seguito il nostro itinerario per sentirci recitare.


A proposito: Ci rivedremo fra un anno in via Costantini.
Cominceremo a suonare da vicino alla sartoria di Colaci.
Luigi, accendi l’insegna!

Paolo DI MITRI (23 novembre 2008)

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