lunedì 21 aprile 2008

Adesso ci sono le “Unioni di fatto” (Arte èχi e”Unioni di fatto”)

Nota: quella che segue è una traduzione il più possibile letterale. Anche la costruzione sintattica propone nei limiti del possibile quella del testo grico.

Ni: Nina; Na: Narduccio; Gi: Giuseppe.


Adesso ci sono le “Unioni di fatto”

Unione di fatto”. Così si dice quando due vivono insieme senza essere sposati. Il più delle volte si tratta di un uomo e di una donna, ma qualche volta puoi trovare uomo con uomo e donna con donna. Non stiamo qui a vedere se è bene o è male, possiamo soltanto dire che, al di fuori di qualche prete o qualche bigotta, non importa a nessuno.

E’ possibile che queste cose sono sempre esistite, ma fino a pochi anni addietro prima di sposarsi si dovevano seguire alcune regole.

Questa che vi racconto è la storia di Narduccio e di Nina da quando si fidanzarono fin quando non si sposarono.

Per prima cosa l’uomo doveva “mandare” alla donna. Per questa cosa molte volte era utile il “mandatari” che portava l’ambasciata.

Ni: mentre stavamo al mercato per scegliere un abito a mio fratello disse questi:

io ho una ambasciata per te.

Dissi io: dimmi chi è che mi regolo. Per dirmi, per dirmi, disse che era per lui stesso.

In mezzo c’è sempre un altro

Io stavo volendo un altro, ma non mi piaceva molto, che non era neanche martanese.

Dissi io: se mi dai otto giorni di tempo per litigare con lui, per trovare un’occasione, che stare con due non lo volevo mai.

Combinazione quella sera pioveva e non venne affatto quello di Carpignano. Io trovai l’occasione e quando venne il domani sera gli dissi: dove sei andato ieri sera, .. qui, la … e lo mandai. Lui piano piano andò via.

Questi neanche diete tempo otto giorni, dopo due sere venne. Beh! Cosa ti ha detto, domando. Allora piano piano gli dissi di sì e iniziammo così. A candelora si svelo ai miei pensieri, e continuammo sempre così. Continuammo per tre anni e mezzo.

Poi questo avrebbe voluto sposarsi. I miei non volevano affatto e piano piano eravamo entrati un poco, non in astio, ma i miei invece di amarlo lo odiavano.

Gi: perché?

Ni: perché questo voleva sposarsi ed essi si regolavano di non essere pronti. Prima ci dissero di si, che avrebbero visto quando sarebbe arrivata la buona stagione.

Na: ci dissero: ci dai un anno di tempo e così vedremo.

Ma qualcosa può sempre andare storto

Suo fratello, nel corso dell’anno corrente, quando mi dissero così, non voleva (non era fidanzato) nessuno. Durante l’anno trovò la fidanzata ed essi volevano sposare prima quello (il fratello) che era più anziano, che questa che era più piccola.

E tirammo avanti così: lui voleva la fidanzata ed io questa. Ma noi contavamo che l’anno venturo ci saremmo sposati.

E Leonardo non voleva perdere tempo

Quando passarono sei, sette mesi gli ho detto a loro: “nunna” Assunta, “nunno” Pati, perché allora così venivano chiamati i genitori, come avevamo detto l’anno scorso, che era entrato l’atro anno no!, non lo avete a piacere che io porti i miei per parlare di quando ci dovete sposare?

Ma una cosa se deve andare torta, stai tranquillo che andrà.

Ah!, disse mio suocero, avevamo detto così, ma adesso si vuole sposare Ntoni, come faccio a sposarvi entrambi?

Ma Leonardo ha le sue buone ragioni.

Dissi io: se quello non si sposa mai, io devo sempre aspettare? Insomma partimmo così.. che poi quando gli dissi che avrei portato i miei, mi dissero: portali quando vuoi, con tanto piacere, ma non per fare questi discorsi di matrimonio.

Dissi io: e allora i discorsi di matrimonio quando li facciamo?

Ma anche il suocero aveva filo da tessere.

- Eh!, che vi mangiano gli anni!, disse mio suocero. Che poi egli si era sposato di trentadue anni, per (via della) guerra, quella, mia suocera era di ventotto.

Ancora, non vi mangiano gli anni! Potete aspettare un altro poco!

- Ma io, dissi io, tanto che aspetto, tanto che non aspetto, chi devo aspettare che mi mangino gli anni o stare con tua figlia e fare una famiglia anche io?

  • Eh! Non può essere, qua.. la…

Erano (passati) quasi quattro anni e non avevamo mai litigato.

Ma adesso mettete attenzione..

Allora mi mettete in condizione, dissi io, di prenderla, di portarla via, di fuggirla!

Ma gli disse proprio così?

Ni: non gli hai detto così, gli hai detto: io a litigare con quella, con tua figlia, non litigo. Voi non mi sposate, ditemi voi come la devo combinare!

Essi intuirono il nostro pensiero e dissero: fate come volete! Ma da quel momento in avanti quando arrivava dentro casa non lo salutavano e non gli dicevano neanche siediti. E tu cominciasti ad alterarti e dire: così non continuo più!

E allora..

Quelli si comportarono in quella maniera e allora fu necessario dunque, per tagliare corto, che dopo andammo via.

Ma poi dovevi ritornare!

Na: adesso dovevamo ritornare, vai ad entrare lì dentro (in casa dei suoceri) più! Dopo due sere ritornai io e bussai:

  • Chi è, disse mia suocera?

  • Dissi io: Leonardo!

  • Non c’è permesso per nessuno!

  • Buonasera! E andammo via.

Ma le cose sempre che si devono accomodare.

Dopo quattro sere, bah!, disse mia madre, adesso vengo io per vedere cosa dicono.

Andammo, andò lei, busso:

  • chi è?

  • La Concetta, disse mia madre.

  • E con chi vai? Disse quella da dentro.

  • Beh!, disse quella, da sola non vado, vado in compagnia.

Ella era entrata nel letto. La buon’anima di suo padre venne ci apri, entrai io per primo,

Sempre si dipana la matassa, Dice Domenicano Tondi. Ma sempre che devi chiedere perdono!

Lo abbracciai, lo baciai: perdonaci! Lui mi disse chi vi perdoni Dio. Poi andai da sua madre ed anche dissi perdonateci. Poi entrò questa, mia moglie, e mia madre. Quando questa bacio suo padre le disse la stessa cosa.

Le donne sono sempre più selvatiche.

Quando andò da sua madre, che già era entrata nel letto per dormire, invece di perdonarla la prese per capelli.

Vai piano adesso. E’ sempre tua figlia, ma è anche mia moglie!

Dissi io: che io qui dentro non sono venuto per picchiarci, per darcele! Siamo venuti perché ci perdoniate. Se volete, ci perdonate, altrimenti prendiamo la strada e andiamo via!

Ma la matassa si dipana sempre.

Poi la mia madre nuovamente.. piano piano poi.. la presero un po’ così, ma poi si calmarono. Le passammo, insomma, però ..

Mia Figlia non sta con noi, lavora lontano. Quando venne l’altra volta venne con uno, il suo amico, disse. C’è diverso tempo che vivono insieme (unioni di fatto). Io non sapevo niente, sua madre forse. Non domandò perdono lui, non cercò perdono lei. Quando ripartì di nuovo chiese qualcosa che ciò che guadagna molte volte non le basta a passare il mese.

Gi: quanto tempo vi siete amati? (siete stati fidanzati):

Na: circa quattro anni scarsi, tre e mezzo. Era il giorno della Candelora del 49 fino il 18 di novembre del 52, che poi siamo fuggiti.

Ni: poi aspettammo quattro mesi che allora per farti quei quattro pezzi, il mobilio, lo dovevi ordinare, lo faceva il falegname. Era inverno e diceva che non si seccavano bene le tavole. E passarono quattro mesi. Il 15 di marzo, poi, ci sposammo. Io avevo 23 anni e lui compiva 25 il 18 di novembre.

Gi: il primo figlio?

Ni: siamo andati piano. Allora era una vergogna, era brutto sposarsi e andare con la pancia, allora demmo tempo di sposarci prima. Ancora anche dopo che ci sposammo aspettammo che passasse un po’ di tempo.

Na: dopo quattro mesi che ci siamo sposati allora uscì incinta.

Anche mia figlia è incinta. Non è sposata e per adesso dice che non si sente di sposarsi. Adesso le comincia a notarsi la pancia, ma grazie a Dio, non è più una vergogna, non è brutto e non c’è niente da vergognarsi. La gente che lo sa ci chiede se siamo contenti. Siamo tutti una gioia. Veramente.

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