martedì 1 gennaio 2008

Il Grico vuole amore (o Grico teli agapi)

Alcuni vanno dicendo che il grico si perde perché possiede poche parole e non può strare dietro alla vita moderna cosi ricca e carica di cose nuove. Colui che afferma questo, o che conosca il grico o che non sappia neanche una parola, deve essere sempre un po’ professore. E molte volte lo dicono con un sorriso velato, con un tono irridente tanto da far sembrare questa lingua piccoletta, poveretta ed inutile e chi ci tiene ad essa sentirsi male e turbato.
Altre storie, però, si possono udire come quella di Assunta e di Abbondanza.
Mi raccontava l’ Assuntina: quando ritornai il primo giorno dalla scuola mia madre mi chiese come fosse andata. Io non comprendevo la lingua della maestra risposi: Ella dice tante belle cose, ma io non la capisco…
E Abbondanza mi riferiva invece: il primo giorno di scuola, dopo poco tempo mi alzai e chiesi alla maestra quando potevo andare a casa a mangiare. Questa, che era la “signorina D’Urso” non capì niente e chiamo Giovanni che era il bidello per farsi tradurre ciò che io dicevo…
Il grico. Quante guerre ha dovuto combattere per poter vivere. Con lo stato, con la chiesa, con i paesi vicini, con le guerre. Molte le ha vinte, ma ha perduto quella con la scuola, perse quella con i professori. Di storie come quelle di Ssuntina e di Mundanzia i “Tredici paesi” (così venivano chiamati i paesi grecofoni) ne sono pieni.
Quando i ragazzini cominciarono ad andare a scuola si trovarono di fronte ad un muro: per la prima volta non riuscivamo a capirsi con le altre persone.
La loro lingua non serviva più a comunicare, non con i propri pari, ma con chi capiva, con chi sapeva, con colui cha sapeva leggere, scrivere, far di conto, con chi sapeva di Dio e di ogni cosa. E veniva ad insegnarti ad istruirti. E tu non lo potevi capire.
Il Grico in una volta divenne un muro alto, un ostacolo, un grosso peso, un grande macigno, divenne una barriera: di qua il mondo contadino, il mondo dei poveri, il mondo degli ignoranti; dall’altra parte tutto un altro mondo, il mondo che ti dava gli strumenti per andare avanti, di guardare alto, il mondo che ti permetteva di crescere e di progredire, di apprendere.
C’è gente che dice che il grico si perde perché ha poche parole…
Il grico avrebbe potuto possedere il doppio delle parole, dieci volte di più, più parole dell’italiano, ma ormai era divenuto icona di povertà, icona di ignoranza, era divenuto pietra legata al piede, impedimento.
Non c’èra altro da fare che tagliare il nastro, varcare la soglia e venire da questa parte.
E così fecero tutti. E allora potevi vedere babele entrare nelle case: il padre parlare grico con sua moglie, la madre parlare italiano con i figli, i fratelli maggiori parlare grico e d i piccoli italiano.
Tagliarono il nastro e non si trovo nessuno che gli fermasse la mano: tagliarono col passato, recisero le radici, perdevamo la nostra identità e non si trovò nessuno a muover un dito.
Dov’erano i professori, affinché ci aprissero gli occhi, la mente, perché ci facessero capire il male che stavamo perpetrando?
E i politici? Non avevano niente da dire? Non potevano fare niente? Non vedevano niente? Non vedevano una cultura percossa e messa sotto i piedi?
Non vedevano la lingua da cui iniziarono, presero vita le culture mediterranee buttata alle ortiche? Non gli sembro male vedere quella lingua parlata da tanti secoli, quella lingua che fece sbalordire e meravigliare studiosi quali il Rohlfs, il Cassoni e tanti altri, che passarono la vita intera a studiare ad approfondire questo fenomeno, abbandonata dietro un angolo?
Poi si accorsero. Si accorsero tutti quando il grico divenne un “business”. Ed allora quante iniziative nuove sono nate! Tutte si sciacquano la lingua di “grecìa salentina”, di “area ellonofona”, ma di Lingua Grica non si sente parola e non si vede ombra. Ogn’una pensa a mungere pochi soldi in nome del grico, ma per la lingua sono poche, molto poche le volte in cui resta qualcosa.
Ma la lingua grica non chiede soldi. Il Grico vuole amore.

Giusppe De Pascalis

2 commenti:

Spitta ha detto...

Grande articolo Giuseppe! Io nella traduzione italiana avrei anche messo "il Grico ha bisogno di amore".
Viva il Grico!
Francesco

Grikamilume! ha detto...

Grazie, Francesco.
In effetti, distribuendo "I Spitta" a Sternatia, qualcuno faceva notare che più correttamente si sarebbe dovuto scrivere "O Grico teli agapimmeno", tuttavia la mia intenzione era rendere il grico soggetto attivo e quindi intendere "teli" come vuole, desidera, cerca. Ma sono anchio convinto che "il grico ha bisogno di amore" e che quindi anche la forma suggerita sarebbe stata opportuna.
Lunga vita al Grico.
Giuseppe