martedì 1 gennaio 2008

Il mutamento climatico (H κλιματική αλλαγή)

Il rapporto dell'IPCC

Gli scienziati del Comitato Intergovernativo sui Mutamenti Climatici (IPCC) dell'ONU (premio Nobel per la Pace nel 2007), si sono riuniti a Valencia dal 12 al 17 novembre 2007.
Al termine del congresso, il Comitato ha presentato il rapporto destinato ai leader politici del pianeta.
L'avvertimento è chiaro: le conseguenze del cambio climatico possono essere irreversibili.

L'aumento della temperatura del pianeta previsto dal Comitato sarà tra 1,1 e 6,4 gradi centigradi nel 2100 rispetto al 1990.
Ne risulterà un aumento del livello del mare dai 18 a 59 centimetri. Le ondate di caldo e le piogge torrenziali che seguiranno saranno sempre più frequenti, e i cicloni tropicali saranno più intensi e violenti.
Il Segretario dell'ONU Ban Ki-Moon ha dichiarato :
“Non possiamo permetterci di lasciare Bali a dicembre senza “una svolta autentica per un accordo mondiale tra tutti i paesi” “.

Da parte sua, il Commissario Europeo per l'Ambiente, Stavros Dimas, dice che “La Comunità internazionale deve rispondere a quest'appello ed accettare che inizino i negoziati per un nuovo ed ambizioso accordo globale sul clima”.

Un anno dopo il rapporto Stern, la situazione è sempre la stessa, si costatano le stesse cose, si fanno le stesse osservazioni. Cosa farà la Comunità internazionale?

Il Rapporto Stern

Nicholas Stern (ex capo economista della Banca mondiale), nel rapporto che ha presentato al governo inglese nell'ottobre 2006, diceva: “Se la Comunità internazionale non prende misure drastiche per combattere il fenomeno “serra”, le conseguenze del mutamento climatico sull'economia saranno paragonabili a quelle delle guerre mondiali”.

Il costo annuale delle perdite dovute all'aumento della temperatura sarà dal 5% al 20% del PIL (Prodotto Interno Lordo) mondiale.
Per essere più chiari: se non facciamo niente, il mutamento climatico ci costerà 5.500 miliardi di euro[1].

I paesi più poveri della terra subiranno i danni più gravi. Due cento milioni di persone saranno trasferite; ne risulterà un'instabilità sociale, politica ed economica. Questa perdita “costituisce il più grande insuccesso del libero mercato”.

Invece, sostiene il rapporto, se la Comunità internazionale reagisce immediatamente, il costo per evitare le peggiori conseguenze del cambiamento climatico saliranno solo all'uno per cento del PIL mondiale.
L'impronta ecologica misura l'impatto lasciato sull'ambiente da ciascuno di noi per soddisfare i propri bisogni in campo di nutrizione, mobilità ed abitazione. Tale impronta si esprime in ettari, di superficie terrestre, pro capite.
Si valuta che ogni europeo utilizza, oggi, una superficie di quasi dieci campi da calcio.
Se togliamo dalla superficie totale della terra i mari e la superficie necessaria alle altre specie viventi, e dividiamo il resto per sei miliardi (sei miliardi rappresenta la popolazione attuale della terra), troviamo che ad ogni europeo spetta una superficie di tre campi da calcio.
Dunque, se tutti gli abitanti della terra vivessero come gli europei, avremmo bisogno globalmente, per vivere, di tre terre. E si presume che nel 2050 saremo nove miliardi di esseri umani.
Conclusione: o diminuiamo le nostre pretese o diminuiamo la popolazione della terra.
Il rapporto indica le tre direzioni che devono prendere le politiche necessarie per affrontare il problema:

a) adeguare il prezzo del carbone, petrolio, gas ecc tenendo conto del costo sociale degli effetti nocivi delle loro emissioni. I paesi che superano la quantità di emissioni loro assegnate dovrebbero pagare una quota proporzionale all’eccedenza.
Il danno che provochiamo per ogni tonnellata di diossido di carbonio che emettiamo equivale ad almeno 85 dollari. Ma oggi questo costo è trascurato nelle decisioni prese sia dai consumatori che dagli investitori, giacché non è compreso nel prezzo di ogni merce. Facciamo qualche esempio. Se le cipolle che vengono dal Cile, le mele dall'Australia, i gamberetti che partono al mattino dal Belgio per il Marocco e tornano sbucciati la sera, le fragole spagnole ecc. costano meno delle rispettive soluzioni locali, è perché nel prezzo finale non intervengono né le conseguenze ambientali né quelle sociali causate dal trasporto.

b) verso una politica per lo sviluppo di tecnologie a basso consumo di carbonio. Sulla scala mondiale, la sovvenzione della ricerca sull'energia va almeno raddoppiata e quella per lo sviluppo della tecnologia a combustione ridotta va quintuplicata.

c) verso il ritiro degli ostacoli al risparmio energetico. Bisogna cioè informare, educare e convincere i cittadini del modo in cui possono affrontare i mutamenti del clima.

I fatti

Tutti abbiamo sentito parlare del film di Al Gore (Nobel per la Pace insieme all'IPCC) “Una scomoda verità”, riguardo la posizione degli USA sui problemi esposti dal Protocollo di Kyoto .

Tutti sentiamo ancora i rimproveri di chi non condivide le preoccupazioni degli “ambientalisti”.Gli argomenti però si limitano a negare le conseguenze del surriscaldamento globale e del mutamento climatico. Fin adesso non è stato presentato nessun argomento scientifico che smentisse le conseguenze dell'effetto serra.

Intanto, gli incendi di quest'estate 2007 nel sud europeo e le contemporanee alluvioni in Inghilterra e in India sono delle nuove prove dello squilibrio climatico.

Basta poi vedere le conseguenze catastrofiche della siccità in Grecia, dove non è piovuto da marzo a novembre. I responsabili della società idrica di Atene hanno rassicurato trionfalmente gli abitanti dicendogli : “abbiamo dell'acqua per due anni” e tutti si sono tranquillizzati. Fine agosto però sono arrivati nuovi incendi in Eubia e nel Peloponneso, e molti si sono agitati.
Sembra che siano azioni di incendiari organizzati. D'accordo, saranno incendi dolosi. Ma il cambiamento climatico che ha fatto diminuire le piogge ha avuto un ruolo determinante nell'aspetto catastrofico di tali incendi. La siccità ha fatto sicché gli incendi si sono allargati tempestivamente e ha moltiplicato la loro forza di distruzione.
È facile denunciare la dolosità degli incendiari, le mancanze dello Stato, la disorganizzazione ecc. Il fatto è che ogni estate in Grecia ci sono degli incendi. Quest'anno però si sono contati sessantatré morti.

Il 17 Novembre, mezz'ora di pioggia è bastata per allagare molte regioni da Komotini al Peloponneso. Torrenti catastrofici hanno portato via tutto quello che incontravano. I danni sono enormi.

Conclusione
I cambiamenti climatici risultano dal fenomeno dell'effetto serra provocato dall'inquinamento atmosferico.

Ciò nonostante, la Comunità internazionale non prende le misure necessarie per affrontare seriamente il problema. Sembra che la distruzione totale di New Orleans non sia sufficiente per renderci coscienti del fenomeno. Forse per riuscirci ci vuole una catastrofe ancora peggiore.

Pensiamoci. Di terra ne abbiamo una sola.

Iannis Papageorgiadis
Novembre 2007


[1] Il PIL dell'Italia nel 2006 era di circa 1.500 miliardi di euro.


L'impronta ecologica misura l'impatto lasciato sull'ambiente da ciascuno di noi per soddisfare i propri bisogni in campo di nutrizione, mobilità ed abitazione. Tale impronta si esprime in ettari, di superficie terrestre, pro capite.
Si valuta che ogni europeo utilizza, oggi, una superficie di quasi dieci campi da calcio.
Se togliamo dalla superficie totale della terra i mari e la superficie necessaria alle altre specie viventi, e dividiamo il resto per sei miliardi (sei miliardi rappresenta la popolazione attuale della terra), troviamo che ad ogni europeo spetta una superficie di tre campi da calcio.
Dunque, se tutti gli abitanti della terra vivessero come gli europei, avremmo bisogno globalmente, per vivere, di tre terre. E si presume che nel 2050 saremo nove miliardi di esseri umani.
Conclusione: o diminuiamo le nostre pretese o diminuiamo la popolazione della terra.

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